Green Pass, parla Gallocchio: il controllo deve essere elettronico

«Non capisco questo accanimento verso i ristoranti: siamo i più sanificati, più puliti, garantiamo il ricambio d’aria ogni quarto d’ora. E ora mi dovrei far carico anche di una persona che si occupi del green pass». Questa la posizione di Settimo Gallocchio, titolare del ristorante pizzeria “Già che ci sei” (Cartura) e associato a Confesercenti: niente contro il passaporto verde, ma si pongono due problemi importanti, che sono i costi e la responsabilità.

«I costi perché veniamo da un anno disastroso, lo scorso anno ho perso il 28% degli incassi, che equivale al mio guadagno. In altre parole ho solo pareggiato le spese. E adesso ci devo anche pagare le tasse. Assumere una persona è già normalmente un impegno, è evidente che in queste condizioni non si può proprio fare». E poi c’è la questione delle responsabilità: «noi non siamo pubblici ufficiali» ribadisce Gallocchio «non abbiamo alcuna autorità per chiedere i documenti ai clienti e verificare che l’identità corrisponda con quella indicata sul green pass. Possiamo fare lo sforzo di controllare il qr code, ma se qualcuno imbroglia cosa succede? La responsabilità non può ricadere ancora una volta sul ristoratore. Se una persona viola coscientemente le regole va sanzionata quella persona, non il gestore del locale».

La proposta di Gallocchio è quella di un sistema informatizzato automatico, un semplice lettore ottico che permetta di controllare il codice senza la presenza fisica di un addetto: quando le persone arrivano mostrano il green pass e se è valido entrano. La macchina registra e conserva i dati, che tuttavia non devono essere a disposizione di tutti ma solo delle forze dell’ordine, che devono potervi accedere in caso di controllo. «Non è fantascienza – conclude Settimo Gallocchio -, è molto semplice: so che in Germania qualcosa del genere esiste già».